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Bonucci: “Il mio addio alla Juventus è stato un gioco di potere”

BONUCCI ADDIO JUVENTUS INTERVISTA – Leonardo Bonucci racconta in una lunga intervista l’addio alla Juventus del 2023, le causa col club bianconero, il trasferimento al Milan e molti retroscena sul suo percorso da calciatore.

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Bonucci sull’addio alla Juventus: “Pensavo fosse uno scherzo”

Queste le parole di Leonardo Bonucci al podcast “Passa dal BSMT” sull’addio alla Juventus: “Io me ne sono dovuto andare quasi scappando perché qualcuno aveva deciso che doveva andare così, è stata una manifestazione di un singolo che non meritavo. Mi sembrava quasi uno scherzo, dopo più di 500 partite ricevere il ben servito così. Forse il mio percorso alla Juventus non è ancora terminato, quando penso di voler fare l’allenatore penso a quella panchina lì. Sogno? Si, di arrivare a sedermi su una panchina importante come la Juventus, mi piace pensare che questa storia non sia finita”.

Sulle modalità dell’addio alla Juventus

“Mi sono ritrovato con Giuntoli che era appena arrivato e quindi non aveva possibilità di fare diversamente e mi ha detto ‘Guarda, non sei più nei piani. Sei fuori rosa’. All’inizio mi sembrava quasi uno scherzo, dopo più di 500 partite ricevere il benservito in questa maniera… Invece era tutto reale. Paradossalmente sono tornato il 17 di luglio ad allenarmi e mi allenavo alle 7:30 di sera quando la squadra si allenava o al mattino presto o addirittura al pomeriggio non si allenava. Ero insieme ad altri ragazzi che erano nella mia stessa situazione, che magari erano stati in prestito da qualche parte o rientravano da un infortunio. Non so ancora oggi darmi una spiegazione. O meglio, la spiegazione la so. È stato un gioco di potere. Prima che Giuntoli mi comunicasse la decisione, io l’avevo già annusata. Cominciavano ad uscire degli articoli che un po’ lanciavano il segnale e infatti quando ricevetti la chiamata da Manna che mi avvisava che sarebbero venuti a casa per parlarmi, parlando con mia moglie le dissi ‘Guarda, vengono perché sta succedendo qualcosa che non ci aspettavamo’. Quindi ero preparato, ma non sei mai preparato a certe cose che ti vengono dette. Soprattutto quando fai tutta una carriera improntata sulla Juventus”.

Sulla causa alla Juventus

“La rabbia che avevo dentro mi ha fatto fare delle scelte sbagliate perché sono andato avanti seppur avevo la forza del contratto firmato per andare contro la Juventus, ma l’ho fatto per rabbia. Non era la Juventus, non c’erano le persone adatte per fare una scelta come quella fatta. I dirigenti subentrati non avevano il potere ma sono andati sulla scia di quelle che erano le decisioni di altri. Quando mi sono fermato e la rabbia è scemenza mi sono detto ‘Cosa sto facendo’. Mi sono fermato nella battaglia che mi avrebbe portato alla vittoria, perché avrei vinto visto che ho vissuto mobbing e quindi c’erano tutte l basi per vincere. Non mi avrebbe dato niente, alla fine la rabbia era verso chi ha preso quella decisione e non la Juventus, che è sempre stata tutto e sarà tanto e tutto in futuro. Dopo il confronto con mia moglie e persone di grandi valori la decisione di fermare la battaglia con la Juventus è stata la migliore, in previsione di questo sogno che le nostre strade si possano incontrare”.

Sul sogno di chiudere la carriera alla Juventus

“Il mio sogno sin dall’inizio quando ho iniziato a giocare a calcio era di chiudere la carriera con la maglia della Juventus dopo più di 500 partite non ho avuto il saluto che meritavo che merito tutt’ora per quello che ho dato alla Juventus”.

Sul trasferimento al Milan

“Io ho anteposto la Juventus a mia moglie e ai miei figli, al mio benessere perché anche quando sono andato via nel 2017, e sono passato al Milan, io quella scelta l’ho fatta perché non volevo essere un problema all’interno dello spogliatoio. E quindi ho preso quella strada lì per non fare del male alla Juventus. Era una cosa che avevo detto al presidente: ‘Per tutto quello che era successo negli ultimi sei mesi della stagione prima io devo andare via da qua perché sarei deleterio nello spogliatoio, perché mi conosco. Non posso stare. Non so se le strade si rincontreranno, ma oggi è questo’. La scelta è stata condivisa anche da parte dell’allenatore e del direttore. Mi hanno venduto all’epoca per poco rispetto a quello che era il valore del giocatore”.

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