Vanoli: “Mi avvicino ai valori del Torino, Zapata sarà il mio capitano”
TORINO PRESENTAZIONE VANOLI CAIRO – Paolo Vanoli si presenta come nuovo allenatore del Torino. Il tecnico granata, assieme al presidente Urbano Cairo, traccia direttamente dal ritiro di Pinzolo la linea di partenza della nuova stagione in conferenza stampa.
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Vanoli: “Voglio dare identità al mio Torino, devo lavorare”
Queste le parole di Vanoli in conferenza di presentazione: “Ringrazio per l’opportunità. Moretti mi ha portato via il posto a Firenze perché ero vecchietto (ride, ndr). E’ bello iniziare a questa avventura. Ora dobbiamo essere sintetici perché poi abbiamo allenamento. Il Toro rappresenta e ha scritto la storia più importante del mondo calcistico. Sono orgoglioso di poterlo rappresentare, è una bella responsabilità”.
Sul prendere il testimone di Juric
“Ringrazio Juric, qui c’è una cultura del lavoro importante. Ogni allenatore ha la sua identità, voglio creare questo Toro seguendo la mia filosofia e le mie idee. Ci devo lavorare, so che dovrò lavorare tanto ma non mi spavento. E sono convinto di poterci arrivare. I giocatori che stiamo scegliendo è in funzione al mio stile di gioco. Obiettivi? Partono da un’identità, il mio primo obiettivo è essere concreti negli obiettivi. Questa prima parte mi serve per conoscere il gruppo e far capire ai giocatori cosa voglio”.
Sulle differenze con Juric
“Non sono abituato a confrontarmi con i colleghi. C’è una cultura del lavoro importante, ora i giocatori devono capire la mia filosofia di calcio che può essere diversa, altrimenti saremmo delle copie”.
Su Zapata
“Vi dò uno scoop, sarà il mio capitano. Sono contento che i tifosi appoggino la scelta, ma non posso ascoltare i sondaggi. E’ arrivato il momento che si responsabilizzi, ha le caratteristiche per rappresentare questo club e i compagni. Ma all’interno di uno spogliatoio ci sono altri leader, anche se Duvan si è meritato la fascia”.
Sul debuttare in Serie
“Noi dobbiamo cercare e vivere le pressioni per migliorare. La pressione è una cosa positiva, non negativa. Alzare l’asticella vuol dire cercare con fame questa cosa qui, la pressione fa parte di una mentalità vincente. Ed è ciò che voglio dai miei giocatori, cercare la perfezione, il dettaglio e sempre qualcosa in più per arrivare a un obiettivo. E’ un progetto di step”.
Sulla sua idea di bel calcio
“Il calcio è la mia passione, a volte mi vergogno per ciò che faccio in campo. Ma voglio che il giocatore capisca le cose…Ho iniziato questo lavoro, mi ha appassionato di più l’allenatore che fare il calciatore: mi piacciono le sfide. In Russia mi sono trovato dopo un mese nel capitolo più brutto che dura ancora oggi, ho passato mesi difficili di gestione. Hai una responsabilità dei ragazzi e della società dove il mondo è cambiato. questa esperienza mi ha aiutato tanto. Mi piace coinvolgere il giocatore, deve venire al campo e capire il perché: se riesco a farglielo capire, ho già vinto un passaggio. Per me il calcio è passione. Sacchi mi disse: ‘Il calcio è un’orchestra dove tutti devono suonare la stessa sinfonia’. E ha ragione…E’ quello che deve essere il calcio, in tutte le sue fasi. Quella di Sacchi è una frase che mi ha aperto, un maestro deve mettere insieme tanti strumenti senza stonare”.
Sul calcio del suo Torino
“Quando conosci l’orchestra, capisci le sue qualità. In queste tre settimane sto cercando di capire quali strumenti ho a disposizione per dare la mia idea di calcio. Ma il maestro deve capire le caratteristiche per rendere il giocatore più performante possibile e metterle al servizio della squadra”.
Su Schuurs
“Gli ho detto di andare un po’ in vacanza, è giusto che lui riesca a staccarsi e a stare vicino alla sua famiglia. Quando rientrerà, affronteremo il suo percorso di guarigione. La società ne è al corrente, sono convinto che se avremo l’occasione di intervenire, interverremo”.
Sulla sua mentalità
“Mi avvicino molto ai valori del Toro: voglio che i giocatori rispecchino i valori del club. Si può sbagliare un passaggio, ma nell’atteggiamento dobbiamo diventare migliori. E’ facile dire che domani dobbiamo vincere, ma come si fa a vincere? E’ attraverso sacrificio, lavoro e una mentalità che non si compra al mercato, ma avviene dopo un processo”.
Sulla scelta di andare al Torino
“Sono un ex giocatore, tutti parlavano del Grande Torino e di un posto magico. Voglio sempre capire la storia del club dove lavoro, è stata la prima cosa che ho chiesto alla società per capire davvero cosa volesse dire Superga. E devo dire che quando sono arrivato mi ha trasferito una sensazione incredibile, con l’addetto stampa, che mi ha raccontato tante cose. La scelta del Toro è tanto per la storia e anche la capacità del presidente e del direttore di farmi sentire importante. Quando parli di Toro è qualcosa di magico: non bisogna mai dimenticare la storia”.
Sui primi giorni di lavoro col gruppo
“E’ un processo…Devo avere pazienza, abbiamo iniziato da 15 giorni, e poi il calcio è qualitativo: non è solo con la palla, ma anche sapere cosa fare e pensare alle scelte giuste. E’ su questo che sto insistendo, la filosofia passa attraverso le ripetizioni. L’altro giorno qualche tifoso si è amareggiato per un’ora di ritardo sull’allenamento, ma in quell’ora ho fatto rivedere i video: è una cosa che aiuta il giocatore, su questo sono maniacale. La tecnologia è importante ed è giusto sfruttarla, chiedo scusa ai tifosi se li faccio aspettare ma questo processo è importante”.
Sui tifosi del Torino
“Ringrazio i tifosi, mi hanno accolto in una maniera inaspettata e mi ha dato ulteriore carica. E mi hanno convinto ancora di più che sia stata la scelta giusta. Il Fila è la storia, il poter allenarci lì ha un significato importante e in futuro spero di poter regalare ai tifosi qualche giornata in più, poi bisogna capire tempi e modalità. E’ un’occasione per unire e diventare più forti: non posso prometterlo con continuità, ma farò il possibile perché anche i ragazzi devono capire che i tifosi sono una spinta in più”.
Sul mercato
“Ho trovato una società organizzata, mi ha chiesto la mia filosofia e con Vagnati ho un bel rapporto: non dico che ci confrontiamo ogni cinque minuti, ma quasi. A lui chiedo caratteristiche tecniche e fisiche di ciò che cerco, poi lui ha dei profili e insieme facciamo la scelta. Non ho la presunzione di dire nomi, poi se escono nomi che conosco è ancora meglio perché so come lavora. Ed è uno degli aspetti più importanti: puoi conoscere le caratteristiche, ma devi sapere la sua professionalità. E c’è condivisione su tutto”.
Su Zoratto e sulla gavetta
“Hai citato Zoratto, mi ha regalato tanto: Daniele è stato una persona al mio fianco all’inizio di un processo nel cambiamento da giocatore ad allenatore. Mi diceva sempre di contare fino a dieci, mi ha aiutato tanto a capire che l’ambizione e la pazienza mi avrebbero portato dove sono oggi. Sono orgoglioso della mia gavetta, questa possibilità al Toro me la sono meritata. E sono una persona ambiziosa. Nel mio percorso ho fatto di tutto, ho visto in secondo piano com’è composta una società: è per questo che le mie esperienze all’estero mi ha fatto fare un ultimo step, anche a capire cosa sia fare il manager. Sono cresciuto, con Vagnati devo gestire l’azienda del presidente e deve portare risultati. Il mio compito è anche unire, condividere per arrivare all’obiettivo. E’ come quando scelgo un collaboratore, so che anche io ho fatto errori e glieli anticipo per non farglieli commettere. Il mio sogno è finire il percorso in Nazionale: avendo fatto otto anni in azzurro, ho conosciuto i migliori giovani e mi piace lavorare con loro. E il mio desiderio, un domani, sarà chiudere il cerchio in Nazionale dopo il mio percorso”.
Sulla Primavera in ritiro vicino alla prima squadra
“Se n’è parlato poco. Il presidente e il direttore hanno fatto una cosa straordinaria: avere la Primavera a dieci minuti da qui è bellissimo. Ti dà l’opportunità di lavorare con 20 giocatori e avere sempre qualcuno a disposizione, e poi posso conoscere più velocemente i giovani che ho sotto. L’altro giorno hanno giocato alle 15 e ho visto la loro amichevole. Contro la Virtus ho fatto i complimenti a loro: si sono presentati timidi, ma hanno capito che la timidezza non fa parte del calcio. Voglio farglielo capire, loro devono avere il sogno di arrivare qui. E quando chiamo qualche giovane, anche per cinque minuti, devono vivere il sogno di dire: ‘Papà, che bello’. Le strade sono infinite e difficili per diventare calciatori, ma l’attenzione che do al giovane è importanti. Ho dei figli, non è facile la spola tra Primavera e prima squadra”.
Sulle strutture di Pinzolo
“Ringrazio il territorio, ci ha messo a disposizione tutto per lavorare al meglio. E’ un ringraziamento speciale, abbiamo due campi e tutto ciò che abbiamo chiesto: ci hanno messo in condizione di lavorare benissimo”.
Sull’importanza della maglia granata
“E’ la prima cosa che chiedo a un giocatore, deve sapere che maglia indossa. E sapere cos’è il Toro: sono valori unici, non si può non saperlo. E così sai che devi rappresentare questi valori. I valori tecnici vengono dopo e si possono migliorare, i valori di un club li devi sapere”.
Sui tanti cambi di panchina in Serie A
“E’ una sfida stimolante, la competizione è stimolante”.
Sulla scelta dei collaboratori
“Sono una persona curiosa. E voglio persone che mi diano energie per capire: sono collaboratori di alto livello con esperienze importanti, questo mi aiuta nel percorso di crescita. Voglio vedere e capire, ho la curiosità di cercare un collaboratore e mi stimola. Oggi tutte le società hanno cultura internazionale, il mio staff deve essere preparato a sapere più lingue: è arrivato Coco, avere collaboratori che sanno lo spagnolo diventa più facile per il ragazzo capire cosa chiedo. In questo mondo globale, è importante questo aspetto. L’ho vissuto anche a Venezia, in sei mesi ho parlato più inglese in Italia che da altre parti. Sono severo, qui in Italia bisogna parlare italiano: il mio collaboratore che è arrivato dal Real Madrid ha un insegnante. In Inghilterra non mi hanno detto di parlare in inglese, ma avevo la maestra per imparare l’inglese”.
Torino, le parole di Cairo alla presentazione di Vanoli
Queste le dichiarazioni fatte da Urbano Cairo, presidente del Torino, alla presentazione del nuovo allenatore granata, Vanoli: “E’ molto che non ci vediamo in conferenza, l’ultima fu quando presentammo Juric e parliamo di tre anni fa. Da allora sono stati incontri fugaci post partite, roba molto veloce per parlare e per ragionare di tante cose. Ci tengo molto a presentare Vanoli, poi sono a disposizione di domande e curiosità”.
Sul percorso fatto da Juric
“Ci tengo anche a ringraziare il mister Juric, abbiamo fatto tre anni importanti e il Toro ha ripreso un certo tipo di cammino tra il 2021 e il 2024. Prima eravamo abituati a fare anche meglio, ma ora abbiamo ripreso un buon cammino dopo gli anni della pandemia. Lo ringrazio, ha fatto tre anni molto buoni e abbiamo sviluppati tanti talenti giovani, è stato un mister schietto e franco. Ho comunque un bel ricordo di lui”.
Sulla scelta di Vanoli
“Vagnati mi ha parlato molto di Vanoli, abbiamo visto gare del Venezia e si sono conosciuti. Il suo Venezia ha fatto cose eccellenti dopo la coppa di Russia con lo Spartak Mosca. Vanoli ha preso il Venezia in una situazione complicata e l’ha portato in serie A. Vagnati mi ha raccontato la sua storia e mi ha colpito, il Venezia era retrocesso ed era penultimo ma il mister ha fatto interventi decisi e ha ribaltato la situazione. E’ meglio evitare i dettagli, ma il suo modo di gestire questa situazione problematica mi ha colpito. E’ determinato e ambizioso, ha rinunciato ad un incarico ben remunerato e con minori responsabilità seguendo Conte al Tottenham. Ha avuto maestri di qualità, da Sacchi a Ventura a Conte. Poi ha voluto prendere la strada di fare il primo allenatore tra Mosca e Venezia, la sua voglia di mettersi in gioco mi ha colpito. E’ un piacere introdurlo qui”.
Sulle doti di Vanoli
“Non lo conoscevo in prima battuta, avevo visto qualcosa al Venezia. E Vagnati mi ha raccontato il suo calcio divertente e propositivo, con attenzione alla fase difensiva. Il mister è nato difensore, con Conte si occupava della fase difensiva, ha attenzione a questo aspetto del gioco della squadra. Vagnati mi ha proposto di incontrarlo, l’ho fatto volentieri e ho visto in lui grande voglia di fare e di affermarsi. Ha rinunciato anche a un incarico prestigioso e tranquillo, non sei tu il principale responsabile…E’ come quando facevo l’assistente di Berlusconi: c’erano responsabilità, però non sei tu in prima linea. E ho visto delle analogie con Vanoli, ha detto che avrebbe dovuto provare in prima persona prendendosi rischi. E questo mi è molto piaciuto nel suo racconto. Ciò che abbiamo fatto dice molto di ciò che siamo, in lui ho visto che ha grande voglia di fare. E’ al suo quarto campionato, è in una fase di decollo”.
Su Zapata capitano
“E’ un giocatore che conosciamo, ha qualità eccelse e ha fatto carriera importante. L’anno scorso ha fatto stagione di altissimo livello non solo per i gol, ma anche per la partecipazione al gioco e anche per aiutare la squadra. Condivido questa scelta, se sarà questa. E’ importante che ci sia condivisione e sintonia, va benissimo Zapata”.
Sulle ambizioni del Torino
“Se parliamo di ambizioni, per quanto mi riguarda ho dimostrato di averne molta facendo anche cose inaspettate e a volte impossibili. L’ambizione è il motore della mia vita. Nel calcio devi anche fare i conti con le risorse: non è un caso che da quando ci sono i diritti tv, dal 1993, in Italia hanno vinto quasi sempre le stesse squadra a parte l’eccezione della Roma e della Lazio e poi del Napoli. In 31 anni, a parte queste tre, hanno vinto sempre le stesse tre che sono Inter, Milan e Juve. Questo qualcosa dice. Dal 2012, dal ritorno in A, nei 12 campionati abbiamo avuto il primo in cui ci salvammo tranquillamente, poi non era minimamente un’aspettativa arrivare settimi e divenne Europa con il Parma che non aveva bilanci in regola. E l’anno successivo arrivammo noni con buon percorso in Europa, fino al 2018/2019 ai preliminari contro il Wolverhampton che era una squadra top”.
Su traguardi raggiunti
“Dal 2012 siamo andati costantemente in ascesa, poi abbiamo fatto qualche investimento eccessivo che non ci ha dato risultati ed è arrivata la pandemia che è stata un disastro per tutti i bilanci con gli stadi chiusi e sponsor che riducevamo investimenti. Eravamo pronti al salto successivi, ma è arrivata pandemia e investimenti esagerati tra Verdi e Zaza che per noi non erano la cosa giusta. Per voler fare qualcosa in più, abbiamo fatto una cosa che ci ha penalizzato”.
Sulla gestione finanziaria
“Abbiamo sommato situazioni negative e questo lo abbiamo dovuto digerire e recuperare anche economicamente. Abbiamo fatto meno di ciò che avremmo voluto per una situazione economica deficitaria. Ora non siamo a posto, abbiamo fatto sei bilanci in perdita e sono cose che pesano, ma non è una colpa non aver 50 milioni da mettere ogni anno nel Toro: non è una cosa che qualcuno mi possa addebitare, bisogna trovare un percorso sostenibile”.
Sul vivaio
“E per noi è un vivaio che dia giocatori per la prima squadra, lo scouting che dà giocatori con operazioni per trovare talenti a cifre abbordabili e diventano calciatori importanti. L’aspettativa è più alta, è giusto che il tifoso che l’abbia e lo vediamo in tutte le piazze, ma negli ultimi 12 anni siamo stati otto volte nella parte sinistra e negli ultimi due anni abbiamo lottato per l’Europa perdendola anche a campionato finito, come quest’anno. E nella stagione precedente all’ultima contro l’Inter…Non è un percorso così negativo, ma tutto è migliorabile e bisogna fare di meglio. Ma per quanto mi riguarda, l’errore che ho fatto nel 2018/2019 è stato fare qualcosa in più per i nostri bilanci che non potevano permetterselo”.
Sul mercato
“Abbiamo ragionato insieme: ci serve ancora uno o due difensori al centro, poi sicuramente un quinto di sinistra. A centrocampo abbiamo tanta qualità, senza uscite non faremo interventi. E davanti è arrivato Adams, è un giocatore importanti che ha fatto cose eccellenti in Premier: segnare lì non è banale. Scamacca in Italia ha fatto cose buone e al West Ham aveva fatto tre gol, Adams ne ha fatti molti di più”.
Sugli obiettivi di classifica
“Oggi è meglio non fare proclami. Siamo all’inizio di un ciclo e di un progetto, con una squadra che stiamo in parte cambiando e arricchendo. Dobbiamo lavorare come sta facendo il mister, con determinazione, facendo emergere le qualità dei giocatori. Facciamo step by step: non vuole dire che non ho ambizioni, ma è meglio fare un passo per volta e completare la squadra, dando al mister la possibilità di fare il suo lavoro. E poi magari dichiareremo qualcosa, ma per ora sono concentrato sulle cose da fare possibilmente anche velocemente”.